Affetta da ipertensione arteriosa, in trattamento con Tenormin e Norvarsc, mamma non aveva grossi problemi di salute, eccezion fatta per la cataratta incombente e la ipoacusia all'orecchio sinistro che si era manifestata quando papà era ancora in vita. Il 3 maggio 2019 avevamo festeggiato i suoi 88 anni, festeggiamento ripetuto il giorno 6 con gli amici del gruppo famiglia.
Il giorno 9, dopo aver fatto colazione insieme come ogni mattina al mio ritorno dalla Celebrazione Eucaristica, aveva cucinato (scarole saltate in padella e polpette) e si era appoggiata sul letto, come spesso faceva, onde prevenire dolori alla schiena. Alle ore 10,00 la lascio per una Direzione spirituale e mi reco nello studio. Un'ora dopo, ritornando nelle altre stanze e non vedendola in piedi, vado a chiamarla nella stanza da letto ma non risponde. Pensando che dormisse mi accingo a svegliarla e mi rendo conto che è sveglia ma non riesce a parlare: un ictus!
118, corsa in ambulanza, ricovero in Neurologia, trombolisi endovenosa e trombectomia meccanica. I medici della Stroke Unit (cui vanno ancora oggi espressi i nostri ringraziamenti per quanto hanno fatto e per il modo con cui si sono occupati di lei), si mostrano meravigliati del fatto che sia riuscita a sopravvivere ad un colpo così grave. La diagnosi è terribile: emiparesi fbc destra (F=0 prossimo-distale, F=3 prossimo-distale arto inferiore), afasia prevalentemente espressiva (ma con carenze anche cognitive), aprassia e disfagia. Ma la tempra è forte e già in Stroke, con la presenza e l'amore costante dei suoi cari, inizia a ripartire.
Dobbiamo provare a rimetterla in piedi e, dopo un periodo di ricerca della struttura adatta e di acquisizione dei permessi necessari, otteniamo il trasferimento presso l'Istituto Santa Lucia in Roma, uno dei migliori centri riabilitativi in Italia. Due mesi di lavoro (due sedute di fisioterapia al giorno per sei giorni alla settimana), di passeggiate in carrozzina nei dintorni, di visite gradite: qualche progresso si vede, ma nel complesso la situazione resta difficile.
Una settimana a casa e poi di nuovo in Riabilitazione, a Villa Silvia, in Roccapiemonte. Altri due mesi di lavoro incessante e si iniziano a vedere i frutti dei 4 mesi trascorsi. Ma le indicazioni che vengono dai neurologi di entrambe le strutture, non lasciano spazio a troppe illusioni. Non ci sono le condizioni per recuperare pienamente e insistere sarebbe solo una forma di accanimento terapeutico. Non ci resta che tornare a casa! Dal novembre del 2019 fino alla fine del 2020, annus horribilis, la vita procede tra fisioterapia domiciliare, medicinali a iosa, passeggiate in carrozzina all'aperto: anche a noi il Covid19 crea problemi, dal momento che, durante il primo lockdown, la fisioterapia domiciliare viene fermata per circa tre mesi e i lievi progressi ottenuti, di conseguenza, vengono persi. Mamma tende ad essere sempre più stanca e a resistere sempre meno sulla carrozzina.
Poi, in poco tempo, la situazione precipita: il cuore, forte e generoso, si è stancato. Una visita accurata del neurologo evidenzia che inizia ad arrivare poco sangue al cervello. Sospendiamo i betabloccanti (che servivano per evitare una nuova fibrillazione, causa scatenante dell'ictus), nella speranza che il cuore si riprenda. Ma anche mamma ha bevuto il calice fino in fondo e alle 14,30 del 21 gennaio 2021 ritorna alla casa del Padre.