Non è facile esprimere a parole la complessità degli aspetti psicologico - affettivi di mamma e di noi che abbiamo condiviso con lei questa ultima fase della sua vita. Innanzitutto lo sgomento, lo sconforto, la disperazione! Il passaggio repentino da una buona condizione di salute ad un disastro inatteso e terribile, ha provocato in noi una condizione di profonda incredulità, come quando ti ripeti ad alta voce: “è un incubo, adesso mi sveglio e tutto torna come prima”.

3 maggio 2019
6 maggio 2019
20 maggio 2019

Cosa passa nella testa di una persona che, autonoma e pienamente efficiente fino a poche ore prima, si risveglia in un letto d'ospedale e prende consapevolezza che non riesce a muovere un lato intero del suo corpo, che non può comunicare verbalmente, che ha un sondino fastidioso nel naso, che, guardandosi intorno, si ritrova a vedere solo facce sconosciute? E tutto questo senza considerare che una parte del cervello è stata irrimediabilmente annientata, con conseguenze non ben definite sul piano cognitivo!

Come reagiscono le persone care, abituate alla presenza, al dialogo, agli abbracci, quando improvvisamente vedono vacillare tutto questo e temono che venga loro strappato per sempre? Ognuno di noi ha avuto occasione di misurarsi con il senso di vuoto e di instabilità che scaturisce dalla presa di coscienza della fragilità delle radici su cui poggia.

Le scarole e le polpette pronte per il pranzo quotidiano rimasero a lungo intoccate sulla cucina (fin quando non fu necessario sbarazzarsene); il posto di mamma sul letto fu "occupato" da un'icona di Santa Rita; mio fratello iniziò la costante frequentazione della direttrice Roma - Salerno, diventando un cliente ancor più assiduo di Trenitalia ed Italo. Mamma, per conto suo, alternava momenti di serenità e sorrisi, con altri di malinconia e pianti (specie la sera, nel primo mese alla Stroke, quando non voleva restare sola e mi serrava la mano per trattenermi: usciti di là non ha più trascorso una notte da sola e ha potuto addormentarsi ogni notte stringendomi la mano).

Abbiamo cercato di farle sentire il nostro amore, ci siamo nutriti dei suoi gesti, dei suoi sorrisi, di ogni attimo che il Signore ci ha concesso: l'abbiamo coinvolta in tutti gli aspetti della vita quotidiana, provando ad alleviare il peso della sua condizione. Siamo consapevoli che Na mamma è bona pe’ ciento figli, ciento figli nun so’ buone pe’ na mamma, però nel nostro piccolo ci abbiamo provato tutti quanti, ognuno a suo modo e secondo le sue possibilità, a riempire d'amore, di cura, di presenza le sue giornate.